Inside Out 2, un lavoro concettuale notevole
- saraga
- 22 giu 2024
- Tempo di lettura: 4 min
Aggiornamento: 23 giu 2024
di Sara Gallaccio
RENDERE VISIBILE L’INVISIBILE

Durante la conferenza stampa dell’ultimo lavoro Pixar, Pilar Fogliati - ovvero la voce di ansia nella versione italiana – ricorda come l’ansia differisca dalla paura per la caratteristica del sapersi preoccupare efficacemente delle ‘cose che non si vedono’. E, potremmo dire, che - concettualmente – sta proprio qui il punto che lega il primo film a questo riuscitissimo sequel: se ansia è una new entry di Inside Out 2, sin dal primo capitolo è stata la capacità degli autori di saper rendere visibile l’invisibile, ciò che ha reso Inside Out un tassello impareggiabile dei classici Pixar (e non solo).
UN LAVORO CONCETTUALE
Raffigurare in maniera così dettagliata le emozioni base ( tristezza, paura, gioia, disgusto, rabbia) e - in seguito - quelle più complesse e articolate ( ansia, invidia, imbarazzo, noia) è la peculiarità che traccia il filo tra il primo e il secondo capitolo di Inside Out; andando oltre la difficoltà tecnica e immaginativa che richiede un lavoro di animazione di questo tipo, la perla nata da questo classico sta nel lavoro concettuale che nasce nel retroscena, quello della sceneggiatura, ma, ancor più, quello sui contenuti. Vediamo meglio.
COMPLESSITA’ E SEMPLICITA’
Come già il primo Inside Out, il secondo capitolo sa rendere fruibile e comprensibile il dialogo tra le emozioni e i pensieri all’interno della protagonista - bambina prima e adolescente poi. Ciò che ha esaltato grandi e piccini è stato potersi ritrovare e identificare nei processi interiori di Riley ( con la voce di Sara Ciocca nella versione italiana) attraverso la ‘lotta’ e il dialogo delle emozioni tra di loro. Pochi, però, si soffermano sul fatto che in Inside Out non vi sia nulla di neutrale. Le interazioni descritte, così come la sceneggiatura, rivelano un lavoro molto approfondito sulle dinamiche dell’animo umano e su come poterle veicolare in maniera a tutti comprensibile (fondamentale la collaborazione con gli psicologi Dacher Keltner e Paul Ekman). In poche parole: un lavoro enorme, ampiamente ripagato dal successo e dall’apprezzamento ricevuto.
LO SPORT COME METAFORA
In Inside Out 2 Riley ha 13 anni (l’avevamo lasciata ai suoi 11) e sta per confrontarsi con il passaggio dalle scuole medie al liceo: il tutto attraverso i cambiamenti nelle amicizie e la pressione crescente per la carriera sportiva nell’hockey. L’occasione per definire questa parabola di cambiamenti sarà un hockey camp, nel quale Riley dovrà fare i conti con i nuovi cambiamenti, le proprie ambizioni personali e il desiderio di essere accettata dagli altri. Il regista Kelsey Mann spiega come questa scelta nasca nell’intenzione di evidenziare il lavoro interiore su sé stessi. In un sequel che fa del rapporto tra la consapevolezza di sé, i valori personali e le emozioni il suo punto di forza appare evidente come le convinzioni e i valori che ispirano le persone nelle loro scelte, siano strettamente connessi alle emozioni (e ai loro ricordi), andando a delineare un quadro incredibilmente variopinto ed eclettico dell’animo umano.
CONSAPEVOLEZZA DI SE’ ED EMOZIONI
Il plus di Inside Out 2 sta dunque nel porre l’attenzione sull’importanza dei pensieri e delle convinzioni personali con un focus ragguardevole e importante su quel ‘senso di sé’ che è alla base della consapevolezza. Nulla di neutrale, come si diceva poc’anzi. Sul lato delle emozioni, invece, sceneggiatori e regista scelgono di ripetere la ricetta vincente del primo Inside Out: se nella Riley bambina era nata la necessità di mettere d’accordo Gioia e Tristezza, nella Riley adolescente l’acerrima lotta si svolge tra Gioia e la nuova arrivata Ansia. Una lotta che non risparmia colpi importanti all’interno di uno scontro che si allarga alle altre emozioni, delineando due squadre: quella delle emozioni basiche e quella delle ‘nuove arrivate’ – a cui, oltre ad ansia, si aggiungono Invidia, Imbarazzo e Noia.
ANSIA E GIOIA
Anche in questo secondo capitolo, lo spettatore rimarrà affascinato dal modo originale e inusuale di rappresentare le nuove emozioni sul piano animato e caratteriale; in particolare, per quanto concerne Ansia ed Invidia, sarà immediatamente chiaro quanto siamo lontani da un’idea negativa. L’Ansia all’inizio sarà indispensabile, poiché la paura si occupa solo di ‘ciò che può vedere’, mentre l’invidia farà da sprone a migliorare sé stessi; come ci insegna il primo capitolo, tuttavia, il punto sarà trovare un equilibrio tra le varie sfaccettature del proprio sé. Ansia da sola disegnerebbe soltanto quadri catastrofici (e apocalittici), mentre a Gioia - senza ansia - mancherebbe quel sano ‘senso del futuro’ necessario per fronteggiare le continue sfide della vita nei momenti più stringenti.
INTERIORITA’ ED ESTERIORITA’
In questo senso, sul piano concettuale, la bellezza di Inside Out sta nel continuare a sottolineare come - nel gioco di equilibri del viaggio interiore - il rapporto con gli avvenimenti esterni e con le altre persone (che si tratti di genitori o amici) sia fondamentale. Lo spettatore vivrà in maxicolor le emozioni di Riley, ma in un continuo dialogo con le sfide provenienti dall’esterno: cambiamenti che per lo più non si controllano, come quando Riley apprende con dolore (e suo malgrado) del trasferimento imminente delle due migliori amiche.
In conclusione, se qualcuno dubitava degli ultimi lavori Pixar, Inside Out 2 fungerà da risposta convincente ad evidenziare come la verve creativa bruci ancora. Più in generale, possiamo dire che, cogliere il potenziale creativo dell’animazione, conferendole l’arduo compito di esplorare ciò che è invisibile (come da sempre l’arte fa) è un traguardo importante, indicativo dell’eccezionale lavoro concettuale svolto.
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